Voglio vivere per questo mondo.

Alcuni sostengono che sia solo una prova per testare la nostra moralità: a seconda del comportamento che terremo durante la vita, conseguiremo una certa collocazione nel mondo vero cui accederemo dopo morti, per sempre. 
Altri sostengono che sia solo il risultato di una caduta: un’illusione priva di senso e di scopo, che possiamo dissolvere attraverso il distacco, riassorbendoci nell’indistinto, per sempre.
Gli uni mi consolano per quanta sofferenza trovo in questo mondo, promettendone uno migliore se mi comporto bene.
Gli altri, più pessimisti, promettono solo che smetterò di soffrire se smetterò di coinvolgermi nella vita. 
Entrambi si preoccupano di quanto soffro e quanto insensata appare la vita. 


Ma io non ho bisogno di consolazione per il male e la sofferenza che incontro.
Né voglio evitarli. 
Sono elementi essenziali del mondo e della vita. 
Li accolgo incondizionatamente.
Voglio affrontarli. 
Voglio partecipare a questo enorme dispiegamento di energia che è l’universo. 
Voglio fare la mia parte come ogni stilla del mare. 
Non voglio dissolvermi. 
Voglio esistere, desiderare, soffrire, gioire.
Voglio essere questo sé minimo, questo individuo, questa particella minuscola, interdipendente, sopraffatta dall’infinita potenza del tutto, in armonica estasi.


Consolarci con la promessa del paradiso, allettarci con la prospettiva di smettere di soffrire (e di vivere), non sono in fondo approcci infantili?
Non è oggi ormai un tempo adulto, in cui possiamo farci carico della responsabilità di costruire un senso al mondo, ed acconsentire all’infinita complessità del tutto, inclusi ogni male e ogni dolore?


A me sembra che noi occidentali di oggi, in linea di massima, lasciate alle spalle le grandi religioni monoteiste, crediamo tenacemente che ci debba essere uno scopo nella vita, perseguendo il quale ognuno di noi potrà sentirsi realizzato in quanto individuo in questa stessa vita. 
Ognuno di noi, come individuo unico e irripetibile, come sé, è caratterizzato dai propri desideri, che delineano questo scopo, ed esercita la propria forza di volontà per realizzarli.


In questo senso, la fascinazione che molti di noi provano per l’oriente (inteso come tradizione indiana e buddista) non sfocia nell’adozione del loro punto di vista (che mi pare rimanga inaccettabile o incomprensibile per noi occidentali), bensì nell’apprendimento di tecniche e posture, del corpo e dello spirito, che consentano di far fronte alla vita con maggiore serenità e scioltezza; con la speranza anche di conseguire l’illuminazione, che tendiamo a immaginare come uno sprazzo di beatitudine e amore cosmico. 
Sciolto, naturale, leggero, fresco, preciso, perfetto e bellissimo, massimamente capace e diritto alla meta, senza sforzo, in uno stato di grazia sovraumana: così spero diventare meticciandomi con lo spirito d’oriente. 


In realtà quello spirito è indirizzato al distacco, al ritiro dalla vita, alla trascendenza. 
Lo scenario postulato è quello di una sequenza infinita di rinascite; la vita è priva di scopo, il mondo è privo di scopo, è un’illusione, una caduta, l’unica via sensata è prenderne coscienza e sottrarsi a questa assurda ripetizione.
Di fatto sia l’oriente che l’occidente spirituali sostengono che questa non è la vera vita e questo non è il vero mondo. 
Garantiscono che ne esiste un altro più vero.
Ma perché?
Non è molto più devoto e fecondo accettare questo mondo in cui siamo, e lavorare per svilupparlo nella direzione che desideriamo con ardore?


Dunque dalla tradizione indiana e da quella cristiana cosa rimane per noi, come minimo comun denominatore?
A mio modo di vedere, una cosa sola, ma enorme:
 
Accogli l’universo e la vita così come sono, perfetti.
Ama incondizionatamente ognuno, ogni cosa, ogni accadimento.
Non rifiutare, non ti sottrarre a nulla, qualunque cosa ti si pari di fronte, tu ci sei, sei qui per questo, occupatene, fattene carico, prendine cura.


Dunque esiste solo il qui ed ora, nessuna altra dimensione dopo mai, solo questa, che è in movimento, che si dispiega secondo la risultante delle volontà e delle forze degli infiniti individui che costituiscono il tutto.
Possiamo prenderne coscienza e agire sciolti e naturali, possiamo articolare le nostre minuscole forze in aggregati complessi, incanalarle intenzionalmente alla realizzazione dei nostri desideri, senza attriti, senza contratture, senza contrasti, pura azione, sciolti e naturali.
Amando incondizionatamente.