Un giorno in mezzo a un prato, esasperato da nugoli di zanzare, mi arresi e augurai loro buon appetito: da quel giorno niente gonfiori o pruriti.
Né quando sarai fratello minore manesco.
Un giorno che volevi picchiarmi scoprii che potevo semplicemente neutralizzarti: con uno sgambetto ti atterrai sul letto, balzasti su furioso ma tornai a sdraiarti, finché fosti dissuaso, non t’avevo torto un capello.
Neppure quando marcerai alla testa del tuo esercito.
Sciorinerò una cortina soporifera e, quando il sonno vi poserà in terra, verrò a togliervi di mano le armi.
Mi asterrò dall’esercitare qualunque violenza.
Sono disposto a soffrire e morire.
Sono invulnerabile.
So neutralizzare qualunque violenza, senza alcuna.
Sono un santo.
Dunque sono polizia senza arma.
Cerco di persuaderti a non farmi male con la parola e l’esempio.
Quando ti ostini, cerco di sfuggirti, di ripararmi.
Quando non riesco, soffro o muoio.
E tu continui a fare ciò che credi.
Quando vuoi ridurmi schiavo, oppongo parole, mi rifiuto e subisco le tue ritorsioni fino a morte; o mi adeguo e mi basta la libertà dello spirito; oppure mi astengo da cibo e acqua e ti mostro come so darmi morte io per la libertà, senza violenza.
Vivo in questo stato dove nulla se non parole o martirio si oppongono a criminali, sbandati e malvagi.
Perché, anche quando riesco a disarmarti, rinchiuderti in carcere sarebbe violenza.
Quando marcerai a capo del tuo esercito per conquistare la mia terra e ciò che vi ho costruito, mi ritirerò, mi sposterò in una terra più difficile, che non desideri: è così che sono diventato montagnino, nordico, e un giorno perfino eschimese.
Ma se tu mi sei figlio, coniuge, o anche solo uno sconosciuto per strada, e qualcuno si avventa su di te, io cosa faccio?
Provo a persuaderlo?
E se non riesco, t’ammazza?
Fino a che non saremo tutti santi, invulnerabili o capaci di neutralizzare, a malincuore concedo che la polizia abbia armi, cioè possa ucciderti, magari anche per errore: questo po’ di violenza mi pare irrinunciabile.
Così concedo le armi anche all’esercito, che su scala globale fa lo stesso che la polizia nel locale, e dunque potranno esserci guerre.
Ed io non mi sento certo capace di giudicare qual è la giusta quantità e qualità delle armi: delego ai competenti, e voglio avere fiducia nel loro giudizio.
Ma, volendo essere eticamente conseguente, mi rendo disponibile a impugnare le armi, come polizia o esercito, sicché dopo tutto può anche darsi che ti ucciderò.
Trovo questo pensiero insopportabile.
Forse se fossi proprio spalle al muro, e tu tremendo, ed io perdessi la testa, altrimenti mai potrei decidermi, piuttosto fuggirei in cima al monte.
Ma se invece tu stessi per uccidere altri?
Dilaniato da questi dilemmi, a cui nel momento decisivo senz’altro darei risposta, ma spero di non scoprirla mai, dilaniato da questi dilemmi esorto gli scienziati a inventare nuove corazze infrangibili, e potentissime armi neutralizzanti, micidiali e infallibili tanto quanto innocue.