Mezzo secolo di me.

Ho festeggiato i compleanni come gradini di una scalata, ogni anno un anno più in alto, fino a quando sono diventato padre e ho scoperto che invece i genitori al compleanno dei figli festeggiano la loro nascita, ricordando quel primo giorno.

Ma nascita e morte sono i due punti opposti dello stesso segmento, tant’è che in occasione del compleanno si augurano cento di questi giorni, cioè si parla di morte. 

Ed in effetti, nel mezzo del cammin di nostra vita, mi viene spontaneo lanciarmi in considerazioni che partono dalla finitezza del segmento.

Non vorrei che ti sentissi a disagio: sono come sempre straordinariamente positivo.

Né vorrei che ti sentissi a disagio perché sei molto più giovane, nell’impeto della scalata; o molto più vecchio, angosciato dal precipizio verso cui rotoli senza potere fermarti; oppure ancora, giovane o vecchio, senza figli, nel qual caso manchi di un’esperienza fondamentale per comprendere appieno cosa vado blaterando.

In realtà desidero che la percezione universale della morte sia assolutamente serena e gravida di potenziale insondato, come l’addormentarsi, come se questa vita fosse parte di un ciclo infinito.

Ti prego da qui in avanti di intenderla così: rilassati!

Il fatto è che un paio d’anni fa, tracciando linee del tempo per approfondire la mia visione storica, la storia del mondo, mi sono trovato a tracciare le linee del tempo della mia vita, segnando le epoche di studio, di lavoro, le nascite, le morti, gli amori, l’intensità di protensione al futuro, le fasi di interesse. 

Tracciai una linea orizzontale sul lato lungo di un A3, la numerai da 0 a 100, e la caricai con la mia vita da 0 a 48. 

Fu una piacevolissima sorpresa constatare che mi restava più di mezza pagina completamente vuota. 

Cioè, tutto quello che ho vissuto e costruito finora, di qui in avanti potrei rifarlo daccapo interamente, o trasformarlo alla radice, o iperbolizzarlo, parabolizzarlo, rettificarlo, ignorarlo come non fosse mai stato, sono assolutamente libero, sono ricco di tempo da impazzire, sento il vento d’alto mare, ho un ventaglio di potenzialità insondate a tutto tondo, sento l’ebbro entusiasmo della vetta. 

Se obietti che magari sono troppo ottimista a prolungare la linea ai 100, è perché non hai esaudito la mia preghiera: rilassati, fai finta che, ma non come gli adulti che non sanno più giocare, fai finta come i bambini che ci credono davvero.

Se si augurano 100 di questi giorni è perché 100 è sensato. 

D’altronde, fossero anche solo 100 ore, che differenza farebbe?

Dato un tempo finito ma indeterminato, la postura giusta consiste nell’immaginarlo esteso quanto basta e comportarsi di conseguenza, e senza porsi limiti ansiogeni: se il progetto che mi sta a cuore esonda i limiti ragionevoli, non avrò remore a comportarmi come se potessi riprenderlo al ciclo successivo. 

Non vedo nulla di maggiormente sensato.

Ebbene, ciò che trovo particolarmente amabile nell’essere qui in mezzo, è che sento come di aver fatto tutto ciò che dovevo fare, e di essere quindi, da qui in avanti, assolutamente libero.  

Voglio dire, sono pronto a morire, e questo significa che qualunque cosa farò d’ora in poi sarà un di più, non dovuto e inaspettato, un dono, una grazia, una magnifica sorpresa, una meravigliosa nuovissima opportunità.

Mi sono formato, ho lavorato, ho amato, ho costruito una famiglia, ho cresciuto i figli fino alla vigilia del giorno in cui spiccheranno il volo. 

Il mio ciclo vitale è compiuto. 

Di qui in avanti c’è uno spazio enorme di pura creatività.

Da qualche tempo ho deciso di tornare a formarmi, ho ripreso a studiare la storia, la geografia, la matematica, la fisica, la biologia, l’antropologia, la filosofia, sperimentando la libertà invidiabile di non dover più sottostare ai programmi, ai ritmi, agli insegnanti quali che siano: sono libero di studiare ciò che voglio, quando voglio, senza verifiche, e scegliendo i maestri che amo.

Indago l’enigma del mondo e dell’uomo: sono alla ricerca!

È entusiasmante. 

Inoltre penso che il vecchio saggio sia un buon maestro per il giovane implume. 

Penso che abbiano bisogno l’uno dell’altro. 

Il vecchio si nutre delle energie del giovane, e attraverso gli occhi e l’impeto del giovane presagisce quanto il futuro sorpasserà tutto ciò che ha imparato.

Il giovane si arrampica sulle spalle del vecchio, e attinge alla sua esperienza per spiccare il volo.

Mi preparo ad essere un vecchio saggio, salda radice per giovani implumi.





Per festegggiare questo mezzo secolo, ho messo su un piccolo laboratorio fumante. 

Ho fuso a bagno maria in una pentola che sobbolliva una quantità di cera d’api. 

Ho intinto 50 stoppini di cotone, molte, molte, molte volte.

Ho confezionato 50 candele con 50 fili di lana rossa la cui estremità ho annodato a 50 fogli di gelso vergati con 1 nome e 3 versi.

Al tempo giusto, ognuno di voi che legge questa mia riceverà la sua candela, insieme con un bacio e un abbraccio.