Io sono il mio corpo.

Quello che mangio e faccio.
Come mi nutro e muovo.


Spirito e corpo sono percezioni differenti di una sola realtà.

Osservo come mutano quando distendo le labbra in un sorriso; o se respiro profondo; oppure stendo alte le braccia e inarco la schiena come un gatto. 

Quando mangio cibo grasso e abbondante, oppure frutta e noci. Se mangio carne, oppure riso e lenticchie. 


Voglio stare bene. 

E desidero provare piacere.


Nei punti di massimo piacere, nell’orgasmo papillare e in quello sessuale, il sacro. 

Il nutrimento perpetua la vita. 

Il sesso genera nuova vita. 


Ad un livello immediato mi muovono sensazioni molto forti: fatica e bulimia. 

Altre sensazioni sono più lente, sottili, e difficili da ricollegare.

Voglio fidarmi e coltivarle. 


Ogni mattina aggiogo il corpo. 

Tolgo tempo al sonno, ma tengo gli occhi chiusi e respiro profondo: ristora tanto quanto il sonno.

Mi stendo, muovo, torco, contraggo e sciolgo.

Coltivo il corpo. 


Sono questo corpo, ogni giorno lo impegno nel mio lavoro, col tempo ho sviluppato disturbi specifici. 

Ho bisogno di compensare con esercizi specifici.

Attraverso lo yoga imparo ad ascoltare il corpo e guarirlo, per stare bene. 

Cerco di prendere piena consapevolezza delle difficoltà del corpo, imparo a muoverlo per riequilibrarlo, o per accogliere e rispettarne i limiti, congeniti o acquisiti che siano.

Osservo, a occhi chiusi, dal di dentro, le sensazioni del corpo, non la forma esteriore.

Al mattino, per riarmonizzare il corpo per il nuovo giorno.

 

Anche attraverso il cibo imparo ad osservare il corpo in tutte le sue manifestazioni, e sviluppare un gusto intenso piuttosto che bulimico.

Dieta come cultura del buon nutrimento.

Studio come reagisco ai vari nutrimenti. 

E coltivo l’intensità del piacere contro la voracità.


Getto in bocca una cosa squisita, ne godo, la ingollo, e desidero gettarne dietro altre cento, mi fermo solo quando lo stomaco si lamenta, ed è troppo tardi.

Il desiderio funziona così.

In India dicono: soddisfare il desiderio è come versare burro sul fuoco.

L’unica strada è la cultura dell’imbrigliamento del desiderio, l’arte di condurlo e trasformarne l’energia, dirigendola verso dove ritengo bene.

Quando mi trovo di fronte ad una cosa squisita, la pregusto, la centellino, la assaporo intensamente e lungamente, e mi metto nella condizione di essere pienamente soddisfatto da quella sola cosa, chiudendomi al bisogno smodato di farne seguire altre cento.

Dilato nel tempo l’intensità del gusto, invece che distruggere istantaneamente ogni boccone per avventarmi su quello successivo.

Inoltre ricerco lo stesso piacere nei cibi più semplici, in un pezzo di pane, un pugno di riso, una mandorla, con spirito ascetico. 


L’ascesi fa benissimo.

La risoluzione ad esercitare il corpo si riflette all’istante nel corpo. 

L’esercizio del corpo si ripercuote all’istante nell’anima. 

Sottoporre ad esercizio il corpo ed educare il desiderio bulimico hanno effetti positivi sull’anima: lentamente, sottilmente, imparo a riconoscerlo.