Io sono uno solo.

Spirito e corpo sono dimensioni percettive differenti di una sola realtà.
Come la corda che vibra e il suono che emette.
Ogni azione che subisco o intraprendo si manifesta in entrambe le dimensioni.
Quando rivolgo la consapevolezza allo spirito, posso avere la percezione di muovermi solo nello spirito, ma non è vero; basta che faccia caso al respiro o al cuore, e vedo subito come sono intrecciati ai pensieri e agli umori; o la contrazione della mascella; e chissà cosa accade a fegato, stomaco, alle decine di organi, ai trilioni di cellule. 
Di contro, mi è sempre molto evidente quanto i movimenti del corpo si riflettano nello spirito; basta che distenda le labbra in un sorriso, e ne percepisco la luce nell’anima; o che abbia una nausea, e mi è impossibile svolgere i pensieri.
In entrambe le dimensioni sperimento la libera volontà, la meccanica causa effetto, e l’insondabile movimento di processi che solo a tratti emergono a consapevolezza e che non controllo, non io cosciente, ma sono sempre manifestazioni di quella sola realtà.
Ci sono cose che rilevo prima nello spirito ed elaboro successivamente nel corpo, come quando volteggio fra i lembi di un tessuto appeso al soffitto. 
Ci sono cose che rilevo prima nel corpo ed elaboro successivamente nello spirito, come quando mi ammalo. 
Mi è evidente l’interdipendenza di tutte le cose. 
Quando penso che è un caso, intendo solo che non vedo le correlazioni che ci sono.
Le correlazioni sono enormemente complesse, per via della vastità del tutto.
L’intelligenza razionale ha i suoi limiti.
Esistono altre forme di intelligenza. 
L’intelligenza del corpo è meravigliosa; non riesco a controllare razionalmente le forze in gioco nel camminare su un filo teso, ma il mio corpo riesce.
Non comprendo razionalmente una quantità di correlazioni, ma le colgo con altre forme di intelligenza, e le intendo, contribuiscono a darmi una struttura e a sviluppare i miei movimenti. 
Non è un caso che quando ero bambino cadevo abbandonato, senza fare nulla per proteggermi dalla caduta, e ne porto le cicatrici; 
quando imparavo a cavalcare la bicicletta, se malauguratamente la rotta si allineava con un palo, anche distante, non sapevo distogliermene, l’impatto era inevitabile;
quando un turbamento sopravveniva, me ne lasciavo travolgere, diventava un’ossessione, che talvolta sfociava in meravigliosi tic;
alcune volte mi si è bloccato il ginocchio, per qualche minuto o qualche ora, ho dovuto muovermi carponi, fino a quando una contrazione contraria e involontaria lo ha sbloccato;
qualche giorno fa mi è mancato il fiato, il polmone vicino al cuore si è ritirato come un fiore appassito.
Era previsto che oggi sarei stato in montagna ad esercitare mente e corpo in giocosi equilibrismi, ma l’esercizio è salito di grado: sono in ospedale, cerco di drenare il polmone con una cannuccia, e ridargli vigore col fiato.
Non è un caso. 
Tutto è correlato.
Da un anno a questa parte, dopo due anni di pandemia, è scoppiata la guerra in Europa, ho affrontato l’esame di terza media, sono passato al grado superiore in un liceo classico, sono stato travolto da un amore struggente, ho compiuto quindici anni, poco dopo la madre di mia madre se ne è andata, poco dopo il padre di mio padre se ne è andato, ho concluso il primo anno di liceo, estenuante, mentre la terra continua a scaldarsi, e ora è davvero torrida, e finalmente posso riposarmi, ed ecco mi è mancato il fiato. 
Ecco, l’ho rilevato prima nel corpo, ora lo elaboro nello spirito.
Nessuna malattia è una sorprendente aggressione di qualche alieno. 
Ogni malattia è organica, fluida conseguenza di ciò che precede, e porta a ciò che segue. 
Io sono la mia malattia, la mia cura e la mia guarigione. 
Nessun incidente è per caso. 
Ogni accadimento è organico.
Io sono la mia storia. 
Accolgo con pazienza e fiducia quanto mi accade, ho cura di quanto mi si para davanti, me ne lascio occupare interamente, mi applico zelante e devoto.