Ho una mano destra e una sinistra.

Così dentro di me ci sono pulsioni, che si esprimono in pensieri, che muovono verso destra, e altre verso sinistra.
 
La mia destra è l’istinto a sopravvivere, e a vivere quanto meglio posso, al di là di tutto e tutti.
La mia sinistra è la meraviglia, l’amore che sento per tutto e tutti, l’intuizione che non v’è differenza fra me e chiunque altro, neppure fra me e una zanzara, un filo d’erba, o un sasso.

Non parlo della destra e sinistra partitiche, ma dell’ideologia che ne è alla radice, così come la percepisco io.

La radice del pensiero di sinistra è che siamo interdipendenti e che non sarò davvero sereno e in pace con la mia coscienza fino a quando non lo saremo sostanzialmente tutti: siamo tutti nella stessa barca; salvi saremo tutti o nessuno. 
Il pensiero di destra è concentrato sulla riuscita del singolo, o del gruppo più o meno ristretto cui sente di appartenere: ciò che sono capace di conquistare o di conservare è mio e la soddisfazione che ne traggo è giusta e meritata, qualunque sia la condizione di tutti gli altri.

La superbia e l’irrispettosità della sinistra è credere che la destra si inganna, che la natura di tutti gli uomini è di sinistra, che nessuno potrà davvero essere sereno e in pace con la propria coscienza indipendentemente da come stanno gli altri, neppure se ne è convinto; e che nessun possesso, nessuna riuscita, daranno mai la felicità al singolo. 
La superbia e l’irrispettosità della destra è credere il contrario, è considerare di fatto indegno, immeritevole, cioè inferiore, chi non riesce (che sia debole, incapace, o svogliato); ed é ignorare il fatto che in società strutturate, come sono le nostre, la riuscita di uno è resa possibile sempre e solo dal contributo di tutti gli altri, vale a dire non è merito suo, ma della complessità.

Proprio perché in me c’è la sinistra ma anche la destra, e la destra è tendenzialmente più forte, proprio perciò ritengo indispensabile coltivare la sinistra, e che la politica compensi a sinistra.